giovedì 10 luglio 2014

L'Europa ci chiede tanto, ma non la riforma del Senato (L.Annunziata su HuffingtonPost.it)

(...) Una perfetta narrativa del nuovo corso. Se non fosse per un dubbio: davvero l'Europa vuole da noi le riforme istituzionali, e lasciamo pur stare il prima di tutto? Davvero i governi fratelli si sentiranno rassicurati, tireranno un sospiro di sollievo dal passaggio della riforma del Senato?
L'Europa in effetti vuole da noi molte cose, tantissimi impegni di gestione economica virtuosa - soprattutto il pareggio di bilancio (inflessibili non a caso nel confermarne la scadenza già per l'anno prossimo) e la riduzione della spesa pubblica. Le riforme di cui si parla nei documenti ufficiali riguardano poi sostanzialmente il mercato del lavoro, la giustizia, la pubblica amministrazione, ai fini di creare, semplifichiamo, condizioni per una gigantesca deregulation - meno rigidità nelle assunzioni e nei licenziamenti, meno regole che rallentano gli investimenti e creano complessità alle gestione delle aziende, e più sicurezza e trasparenza nelle azioni giudiziarie.

Insomma, l'Europa di oggi , non a caso da anni a guida conservatrice, vuole che l'Italia diventi come gli altri paesi, una nazione dove un imprenditore straniero possa con sicurezza e velocità investire, partecipando a bandi che non siano "corrotti", con la possibilità di gestire la mano d'opera con il minimo di condizionamenti sindacali e legali, con tasse credibili e velocità di attuazione delle regole. Una sintesi un po' brutale ma veritiera di quel che si intende per riforme in Europa.
Fra queste riforme non c'e' di sicuro quella delle istituzioni, ancor meno quelle specifiche del bicameralismo . Ne' l'Europa potrebbe farlo - per ovvie ragioni di sovranita' nazionale. (...)

C'è Un Cuoco Miope, Nella Cucina Delle Riforme (Ainis sul Corriere)

(...) Troppi cuochi, verrebbe da obiettare. E troppa carne al fuoco. Ma per ottenere un piatto commestibile, bisogna anzitutto scegliere un'unica ricetta. È questo il nostro problema culinario: pencoliamo dalla nouvelle cuisine (il doppio turno in salsa francese) ai crauti (un Senato che scimmiotta il Bundesrat tedesco). Senza un'idea precisa, senza un progetto consapevole. Eppure in questi casi gli ingredienti sono solo due: rappresentanza e governabilità. Si tratta perciò di miscelarli per cavarne un buon sapore. Facile a dirsi, un po' meno a farsi. Specie in Italia, dove manca persino la bilancia. Come d’altronde testimonia la nostra stessa storia. (...)
 
Morale della favola: urge trovare un equilibrio fra rappresentanza e governabilità. Per esempio: il combinato disposto fra l’Italicum e il nuovo Senato permette al vincitore di mettere il cappello sul Quirinale. Non va bene, ma basta diminuire i deputati. E magari aumentare i collegi, per consentire all’elettore di conoscere il faccione dell’eletto. Abbassare le soglie di sbarramento, perché l’8% è una montagna. Innalzare il 37% con cui scatta la tombola elettorale: siccome un italiano su 2 marina ormai le urne, quella maggioranza è fin troppo presunta, e dunque presuntuosa. Ecco, la presunzione. È il nemico più temibile, perché nessuno può cucinare le riforme in solitudine. Mentre i 5 Stelle aprono al Pd, mentre Berlusconi offre collaborazione, sarebbe un delitto se il governo vedesse solo il proprio ombelico. Ma dopotutto, basta regalare al cuoco un paio d’occhiali. 

domenica 29 giugno 2014

NO A Questo Modo Di Riformare Le Istituzioni

Siamo persone di diversa estrazione politica, e firmiamo assieme questo appello perché siamo preoccupate per le modalità con cui l'attuale Governo e la maggioranza del Parlamento stanno impostando le riforme istituzionali.

Sgombriamo il dubbio da una questione: nessuno mette in discussione la possibilità di migliorare la Costituzione italiana; non è con la retorica della "Costituzione più bella del mondo" che si fanno gli interessi del Paese e delle future generazioni, anche sul lungo periodo; in diversi punti la Costituzione può - e forse deve - essere migliorata.

Ma l'approssimazione con cui si sta conducendo la riforma del Senato è deleteria: l'ultima polemica di questi giorni - riguardante l'immunità per i nuovi senatori - al di là del merito della questione è indice di un percorso non curato, non consapevole delle diverse implicazioni di ogni singola scelta costituzionale, che deve essere attentamente vagliata dal punto di vista "sistemico".

Siamo passati in pochi mesi da un Senato che doveva rappresentare i Sindaci, a uno che dovrebbe rappresentare le Regioni, come se fosse la stessa cosa. Senza entrare nel merito di quale possa essere la scelta eventualmente migliore, ci rendiamo conto che stiamo facendo una opzione di sistema piuttosto improvvisata?

Si tenga anche conto - nel valutare il tutto - della discutibile ipotesi di riforma della legge elettorale, che incide - indirettamente - sul funzionamento delle istituzioni democratiche del nostro Paese. Si può e si deve trovare un altro modo di cambiare il nostro Stato. 

Forse alcune riforme apparentemente minori (dimezzamento del numero dei deputati e dei senatori, numero massimo di letture delle Camere, limite massimo della durata del processo di approvazione di una legge, "specializzazione" del Senato affinché intervenga solo su alcune questioni) possono aiutare la speditezza e l'efficienza del percorso legislativo molto più di una "Grande Riforma", che di grande sembra avere solo l'approssimazione.

Chiediamo alle parlamentari e ai parlamentari di maggioranza e opposizione di riflettere attentamente sui passi che stanno compiendo, e vagliarli con l'attenzione e lo spirito che meritano: non con la foga dell'urgenza, ma con il respiro della lunga veduta, assolutamente necessaria alle riforme costituzionali.
 
Francesco Maria Mariotti   Luciano Belli Paci     Felice Besostri     Daniele Bonifati           David Gentili                  Giovanni Scirocco           Paolo Zinna